mercoledì 23 giugno 2010

Ti do tre cube se mi dai una patagonia - Tex Gigante n.24


Neppure quell'ultimo guizzo di tragedia che avrebbe potuto – anzi dovuto – dare, se non altro, una coloritura autenticamente drammatica alla storia, si concretizza in qualcosa di narrativamente robusto. Intendiamoci, I ribelli di Cuba non è mica un disastro. Però non è neppure un lontano parente di Patagonia, l’albo gigante di Tex dello scorso anno: non è nulla più del minimo sindacale per arrivare alla sufficienza.

La storia, che parte lentissima, risulta francamente noiosa per prolissità in tutta la parte iniziale sul suolo americano. Viene in parte risollevata dalla presenza in scena di un Tex tonico, sveglio e reattivo che compensa bene le lungaggini del soggetto e i fallimentari salti mortali boselliani per vivacizzarlo. E a onor del vero è il Tex visto in azione lungo tutto il corso dell’albo a rappresentare senza dubbio la nota più positiva. Forse anche per l’influsso nolittiano che può aver travalicato il mero soggetto, certe sbruffonerie tipiche dello stile di Mauro Boselli, e in questi ultimi anni scivolate in un manierismo fastidioso, sono assenti, e sulla scena troviamo un ranger tosto e diretto che non si perde in vanaglorie.
Sergio Bonelli/Guido Nolitta insieme al suo fratello cartaceo

Detto ciò,  la sequenza sul continente poteva onestamente essere compressa in un terzo dello spazio, in favore di un ampliamento della parte assegnata all'unico personaggio che tenga botta a un Tex così brillante: Rayado. Nolitta e Boselli hanno creato uno splendido pazzoide, magnificamente caratterizzato, e l’hanno liquidato il più in fretta possibile. Bah. Tutto perché poi c'era da liquidare nel finale di storia il colonnello spagnolo, un personaggio così loffio da non risultare neppure davvero sgradevole – tanto meno detestabile. E’ fin troppo evidente che il colonnello Agreda è una figuretta di cartone, e non ci si può disgustare di un personaggio così finto. Il racconto de I Ribelli di Cuba si presenta in tal modo squilibrato: si parte con quel prologo sfibrante, con Montales che gigioneggia quasi come un cretino (senza il quasi). Okay, che Montales sia della partita è logico, ma il solo motivo logico per l'assenza quanto meno di Carson è che le idee per manovrare qualche personaggio in più scarseggiassero e si è deciso di mantenere un profilo il più basso possibile. Sicuramente gli autori saprebbero indicare dozzine di motivi per i quali non è così, ma l’impressione è comunque netta. Si prosegue poi con il più bolso scontro che io ricordi tra Tex e i fanatici del vudù; scontro riscattato dalla breve sequenza di un favoloso Tex politicamente scorretto che fa a pezzi la baracca di Maitre André, l'hungan, vituperando lo stregone in modo vigoroso e saporito : –)).
Mauro Boselli

Tex e Montales approdano quindi a Cuba. Resta da dire che lo fanno per salvare un ragazzino, figlio di un importante uomo politico americano amico di Montales, fatto rapire per conto di alcuni guerrilleros per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna. Si scoprirà che responsabile è il gruppo di Rayado (la sola mela marcia in un canestro di pomi virginali. Glissiamo). Nella grande isola caraibica tutti hanno la profondità di uno quei materiali spessi un micron o giù di lì che la moderna tecnologia ha reso disponibili. Il tenente de Zuñiga è esattamente il cretino esaltato che serve per fare la parte del cretino esaltato. Il colonnello Agreda è proprio l’ultranazionalista coglione scannacristiani che sembra, e lo sarà fino all'ultimo, senza evadere mai dal cliché: poiché infatti personaggi del genere sono solitamente dei vigliacchi, morirà da vigliacco. Di personaggi così la saga di Tex è naturalmente piena, e infatti solo quelli che hanno qualcosa più del cliché restano memorabili: il resto è non a caso carne da cannone nelle storie minori. All'Avana il solo personaggio un minimo interessante è il doganiere cubano che accoglie Tex e Montales e dura lo spazio di qualche vignetta. Pardon, all'Avana c'è anche quella carognetta che tira il pacco a Tex e Montales attirandoli nell’imboscata di de Zuñiga. Poi si va avanti. Alonso è proprio Alonso, ha tutte al loro posto le cosine indicate nel manuale: nobile guerrillero, un po' crudele, idealista, grande cuore eccetera eccetera. Ed elettrocardiogramma del lettore piatto. Anche Don Rafael è Don Rafael. E' uno schiavista ma è ovvio che in cuor suo è un uomo dal nobile cuore e che i suoi schiavi li libererà. E infatti li libererà. Perché? Perché è un uomo dal nobile cuore. E il cerchio così si quadra: poteva non essere così l’amico di un amico di Montales? Ah, no: un uomo così deve avere una moglie altrettanto così che sottolinei per il lettore distratto quanto sia repellente il colonnello Agreda (che, poveraccio, è talmente scontato e piatto che ben poco riesce a repellere chi legge). E in modo che il cattivo colonnello Agreda gliela possa accoppare insieme a un bel po' degli schiavi. Sempre con l'accortezza di non provocare movimenti dell'ago dell'elettrocardiografo applicato al pazien... al lettore. Con tutto ciò, ripeto, la storia non è un disastro, è tranquillamente sufficiente – pur non ben bilanciata, le parti puramente avventurose e di battaglia si leggono, e visualmente si gustano, con piacere. E poi basta lasciar riaffiorare i ricordi dei disastri nizziani per lanciarsi in selvagge danze vudù per la gioia.

E' una storia semplice ed esile, non ci sono grandi emozioni umane, ecco cos’è. Onestamente non si può palpitare per la sorte di Matt, un ragazzino smorto figlio di un padre pesce lesso (e le personalità prive di vita dei due si riflettono sul personaggio di Etienne, il loro maggiordomo, i cui tormenti e colpe perdono di realismo ed efficacia nel momento in cui li si relaziona a padre e figlio).
Una lussureggiante tavola di Suarez

Però il movimento c'è, una volta sul suolo cubano, e Boselli e Suarez lo raccontano molto bene. E poi, in quelle poche pagine in cui appare, c'è Rayado. E quello è un personaggio ben riuscito. Un pazzo così grezzo (nel senso positivo, il personaggio  ha un esplosivo che di primordiale), e al contempo uno stregone così potente e inquietante non è merce abituale, tanto più negli ultimi vent'anni della svirilizzazione nizziana di Tex e del suo universo narrativo. Nel caso di Rayado la rappresentazione del male è così vivida che la sua assenza di reale profondità è un punto di forza e una scelta sacrosanta. E del resto un contraltare è ottimamente fornito da suo fratello Dada: in poche, e forse comunque troppo rapide battute Boselli riesce in ogni modo a fornirne un ritratto essenziale ma efficace.
Autoritratto del disegnatore cubano Orestes Suarez

A onta di certe pose un po' troppo scultoree e di un Tex che nelle sequenze iniziali a tratti non è troppo convincente nel volto, Orestes Suarez compie un lavoro sontuoso. Sontuoso in senso primario, proprio perché ricco, dettagliato e scenograficamente incisivo. I tipi umani, il panorama urbano e la natura della sua Cuba sono vivi e reali, e sicuramente danno una gran mano alla storia per risultare comunque piacevole. Però, reso il dovuto omaggio al lavoro di Suarez, questa è una gradevole storiella, non di più.

I ribelli di Cuba, Albo Speciale (Gigante) di Tex n.24 – Soggetto di Guido Nolitta / sceneggiatura di Mauro Boselli / disegni di Orestes Suarez

5 commenti:

  1. ciao Vincenzo
    anch'io ho recensito il texone nel mio blog e anche quello dell'anno precedente, avendo il mio blog circa 2 anni di vita .. certo che leggendo la tua .. la mia è di livello scarsissimo anche se è
    frutto semplice e amatoriale di un lettore però assiduo nonchè quasi coetaneo del ranger .. ;-)
    bene complimenti e ben felice di leggerti
    pensa che son arrivato qui leggendo sulla bacheca del comune amico Manu un vs scambio di battute ... ehehehe
    ciao

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  2. Uellà, ben trovato! La Juve vi fa soffrire, eh? ;-)

    Grazie per i complimenti, sei troppo buono. Della vacc... storia di Ruju che te ne è sembrato? :-)

    Ciao!
    V.

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  3. non mi piacciono 'sti pischelli anche se leggendo in giro sembra difficile trovare qlcn disposto ad affrontare il discorso Tex con tutto quel che ne consegue .. io del resto mi lamentavo di non vedere più all'opera i 4 pards insieme almeno nel texone annuale che presumo abbia gestazione lunga
    voi l'avete "appiattito" 'sto Ruju su UCB e come darvi torto!!
    lui, si legge in giro, dice che è difficile sceneggiarlo perchè è un classico (???)
    beh sapendo come si muove e dove si muove e con chi si muove e aggiustando le parole anche queste abbastanza scontate ma pur sempre gradevoli dette da lui .. non vedo come sia difficile .. bah io mi sono innamorato di quello disegnato da Galep e diretto da GLBonelli e in
    tal senso resto ancorato al passato ...
    e in questo senso, arrivare a quei livelli, posso dargli ragione è e sarà difficile
    PS la juve?? eehehehe poro Carcamagnu e poareti noi
    ;-)) augh!!

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  4. poi dimenticavo il texone vero appuntamento che ancora mi lega al personaggio .. ma dico nel 2009 lo mandi in patagonia e nel 2010 a cuba???
    ma stiamo scherzando?? è inutile che inquadri la storia in un preciso contesto storico (ci mancherebbe pure) è semplicemente improponibile
    come del resto quando da "ragazzo" andava in canada solo che lì nascevano a contorno della storia personaggi graditi come jim brandon o grosjean e al limite erano storie godibilissime
    ... ma fuori dal continente e per 2 anni consecutivi sembra quasi che non hai più voglia di tenerlo in vita, lui e soprattutto gli altri 3 pards e per tacere degli eroi silenziosi
    e compagni fedeli di tante storie: i najos.
    il prossimo giugno mi aspetto di trovarlo con garibaldi in uruguay .. ehehehe
    scusa se ti rubo spazio ma "quanno ce vò ce vò"
    uno sfogo cutaneo e qualcuno deve pur dirlo!!
    un caro saluto

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  5. Caro Ranger, sei molto più draconiano del sottoscritto :-). Ti dirò che a me vedere Tex sgambettare fuori dagli USA nei texoni mi piace eccome. Certo, se la storia è Patagonia. Gli albi giganti e i maxi sono sfruttabili in tal senso proprio perché fuori della testata madre. Ti confesso che mi piacerebbe perfino vederlo in Europa :-). Un'avventura tra i Lapponi, gente tosta, o in Islanda. Ma anche nelle steppe russe. Per mandarlo in Russia si potrebbe anche usare un escamotage più innocuo per altro: l'Alaska è stata russa fino al 1867, ambientarci una storia giovanile di Tex che scambia pistolettate con l'esercito dello zar non sarebbe impossibile.

    Per il resto concordo. Ahinoi.

    E sempre forza Roma, eh! :-P

    V.

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