martedì 23 agosto 2022

Il Morto (El Muerto) - Robin Wood, Daniel Müller

 


Capita talvolta di fare scoperte dove non si pensa sia più possibile farne. Non ricordo che avessi sentito parlare prima di oggi di questa serie di Robin Wood pubblicata a metà anni '90 su Skorpio (ignoro se fosse stata pubblicata anche in precedenza), e vista la prolificità del grande paraguaiano ci può stare; tuttavia non mi pare sia stata ristampata, e questo sarebbe più strano. Più strano perché senza essere un capolavoro assoluto, Il Morto è un vero e proprio concentrato di "wooditá", vi si ritrovano tutti gli stilemi dell'autore, i suoi canovacci di trama, i dialoghi caratteristici, i personaggi tipici. Il che, in effetti, è da dare per scontato per tutte le sue serie (con qualche eccezione per quelle - rare - umoristiche): Wood ha scritto in vita sua una sola storia, narrandola per centinaia, forse migliaia di racconti. Questo non sminuisce la sua grandezza di narratore: come solo un grande musicista può ricavare innumerevoli, preziose variazioni dallo stesso tema, ugualmente solo uno straordinario affabulatore può incantare centinaia di volte con lo stesso racconto. 
 

Tornando al Morto, il personaggio appare per diversi aspetti una versione primitiva, un abbozzo di Dago, e si muove negli esotici scenari delle prime avventure del Giannizzero Nero, anche se tali scenari diventano talvolta un po' confusi laddove di volta in volta si parla di "sultano", poi di "califfo", poi ancora di "shah". Un Dago grezzo, grezzo come un diamante non ancora tagliato, più ancora del Dago degli inizi, insomma, a cui Wood assegna una di quelle missioni omeriche che così a perfezione vengono indossate dai suoi personaggi fatali. E nel compimento di questa missione, Wood gli fa vivere avventure ora atroci e ora esaltanti per nobiltà, ora sporche e spietate e ora purificatrici. Il Morto le attraversa tutte armato del suo acume e del suo senso di giustizia, del suo acciaio e del suo sarcasmo più affilato del suo acciaio: purissimo Robin Wood, come detto. Al servizio di un personaggio così elementare (in ogni senso) e delle sue storie grezze (nel senso di cui sopra) vi sono i disegni magnifici di Daniel Müller. Talvolta scultorei, talaltra molto più sintetici, quasi essenziali, sempre e comunque suggestivi ed evocativi, danno vita, carisma e mistero a un personaggio a un tempo remoto, quasi disincarnato, eppure concretamente materiale e vitale; ne popolano, con vigore e vivacità, le pagine di tutta la più colorita fauna woodiana, umana e non: ciarlatani; simpatici mascalzoni; pazzi scatenati di entrambi i sessi; vecchi strambi oppure saggi - e più sovente strambi e saggi -; fanciulle da salvare; donne indurite oltre modo dalla vita; stronzetti meschini; grandi figli di mignotta da scannare; ecc. ecc. Tutto l'armamentario con il quale, per più o meno cinquant'anni, Wood ha intessuto le infinite variazioni del suo racconto. 
 

A tutta questa fauna Müller ha conferito energica fisicità e corporeità densa e vitalissima, ma ha saputo anche ritrarre paesaggi quasi metafisici e asciugare il suo tratto fino a dare raffigurazioni stilizzate del Morto e di taluni altri personaggi laddove la storia sembrava rarefarsi, il tempo della narrazione fermarsi in un punto dove l'attenzione del lettore doveva restare sospesa, fissata sui dettagli di un volto ieratico, di occhi magnetici, di uno scenario cristallizzato.
Capita talvolta di avere belle sorprese.