domenica 6 giugno 2010

Dal Sobborgo Agonia a Shacktown - la prima tavola di A Christmas for Shacktown di Carl Barks


Presumibilmente è un giorno di inverno del 1971 quando questa tavola mi provoca un vero e proprio choc culturale. Be', non esattamente QUESTA. Lessi la storia del “Ventino Fatale”, impattando nella sua prima tavola, sul grande volume cartonato mondadoriano Io Paperino, il secondo della galleria dedicata ai protagonisti disneyani e primo dei Paperi, e dunque del grande Carl Barks (il precedente ovviamente era per Sua Maestà il Topo). In quel volume che il tempo e le infinite ripetute letture (soprattutto le infinite ripetute letture) hanno sbrindellato e fatto a pezzi, e ormai sostituito da un'edizione più recente e in miglior salute, la tavola era rimontata e accorpata con la successiva per riempire le grandi e sontuose pagine del libro. Ma lo choc era dato tutto dalle prime cinque vignette, in primo luogo da quella quadrupla iniziale; le altre si vedeva che erano già parte di un qualcosa di diverso: la storia entrava nel vivo dopo la terribile presentazione. Leggermente diversa era anche la traduzione, a partire dal titolo (Paperino e il ventino fatale). Diverso era il nome del luogo attraversato dai Tre Paperini: Shacktown era il Sobborgo Agonia. Se oggi all'uomo adulto che ha potuto rileggere, con immutato e rinnovato piacere, una storia tanto amata, la scelta operata nella ristampa integrale dell'opera barksiana nei volumi allegati al Corriere della Sera appare corretta e la migliore, sia concesso di dire che quella scelta di traduzione di tanti anni fa fu perfetta: nel 1971, a un bambino, Shacktown avrebbe detto nulla; Sobborgo Agonia si integrava nelle, e integrava, con naturalezza ed esattezza, le immagini disegnate da Barks.



Carl Barks


Nel 1971 l'universo disneyano non era ancora popolato di storie sterilizzate e attente a non offendere la coscienza in formazione dei pargoli (non offendere la coscienza in formazione dei pargoli=evitare accuratamente di proporre riflessioni stimolanti); tuttavia era pur sempre un regno per l'infanzia, dove in genere - in genere - gli aspetti più crudi della vita erano presentati con cautela. E in ogni caso, pur leggendo allora Topolino da più di metà della mia vita, non potevo vantare che una limitata esperienza di quattro anni di storie :-). Con il Sobborgo Agonia, con i suoi volti stanchi della vita, tristi e provati - volti quasi completamente umani, dove la ferinità antropomorfizzata è salvaguardata solo dalla macchietta nera dei nasi, ma volti in tutto riconoscibili come umani – Barks provocava in quel giovane lettore uno choc altamente salutare, costringendolo a guardare la realtà, seppure magicamente trasfigurata dalle sue capacità descrittive grafiche e narrative. La miseria di quegli esseri umani era lì, era visibile. Sui loro visi scavati, nel luridume nero che respinge ai margini il candore della neve natalizia, in quei barattoli impilati che sono tutto il gioco e il divertimento di un bambino nato per patire. E che debba patire Barks ce lo mostra senza finzioni: è la poesia che egli sa mettere in quelle immagini, dove il dolore traspare con nitidezza ma da una mano delicata e compassionevole, a rendere sopportabile
quello che si vede. Sopportabile ma vero. Quasi insopportabile quella donna che nella vignettona iniziale fa per girarsi a osservare i Tre "grassi porcellini" transitare la loro agiatezza (e sono i nipoti di Paperino!) per il fondo dissestato e lercio della sua strada.


A introdurre dentro Shacktown/Sobborgo Agonia sono i Tre Paperini come si diceva. Non per caso. Non solo perché Qui, Quo e Qua sono coetanei di quei bambini stracciati e dei lettori cui in prima istanza si rivolge la storia, e quindi in grado di fornire il massimo contrasto con quelli e la massima identificazione in questi. I Tre Paperini sono forse il più enigmatico dei personaggi principali dell'universo disneyano, ma nelle più abili mani del Maestro dell'Oregon la loro triplice essenza, il loro triplice replicarsi uguali l'uno nell'altro (e alla bisogna il loro occasionale differenziarsi) permette di mostrare in forma dialogica l'intima riflessione del personaggio, e perfino un conflitto interiore può venire esteriorizzato con naturalezza. Qui, Quo e Qua raccontano al giovanissimo lettore il suo stesso disagio, glielo sbattono quasi in faccia, esortandolo ad aprire gli occhi, ad avere coscienza di sé e del mondo, a esercitare le proprie capacità critiche e di osservazione. Per questa sua capacità di parlare con la forza e la delicatezza della poesia autentica Barks appare come un educatore formidabile. Formidabile perché non ha mai rinunciato né a divertire né a pungolare i suoi giovani lettori. E questo suo anziano lettore è sempre più affascinato dalla sua lezione.

3 commenti:

  1. Gran bella analisi, e gran belle osservazioni! Complimentoni!

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  2. Grazie :-)

    Mi dispiaceva che non avesse visto la luce.

    V.

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  3. Era una riflessione ancora nel cassetto? Ti dirò: la trovo persino poetica. E molto sentita.

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