lunedì 24 maggio 2010

Sospiri d'amor antichi io narro... - Il Padiglione dell'Ala Ovest, di Sun Jiayu e Guo Guo, dal dramma di Wang Shifu


In questo racconto ammiriamo tutto il candore e tutta la semplicità della storia d’amore perfetta; resi concreti – ed eterei – dallo splendore calligrafico dei disegni di Guo Guo (pseudonimo di Guo Chaoxu), capace di tradurre in immagini di eleganza e di finezza introspettiva la psicologia, le emozioni dei personaggi. Ventiquattrenne all’epoca della pubblicazione originale dell’opera, nel 2007, la giovane disegnatrice mostra una sicura padronanza della composizione delle tavole, ariose e luminose, e un disegno tanto ornato e ricco di dettagli quanto narrativo e in grado di far entrare il lettore nelle pieghe della narrazione. I colori sono caldi, un trionfo di sfumature del rosso, del marrone, del verde, del giallo e dell’azzurro; donano una vivacità soffusa ma decisa anche laddove sono più tenui; il tratto cesellato ma dotato di una naturale fluidità nelle scene dinamiche esalta questa impressione di vitalità rendendo briose anche quelle scene dove prevale il tono del dramma oppure un languore prossimo all’estenuazione. Il lavoro sulla figura e l’espressione umane mostra l’accuratezza nella ricerca di quella caratterizzazione psicologica cui accennavo.

Il manhua di Il padiglione dell’ala ovest è l’adattamento del dramma Xixiang Ji, un’opera del teatro classico cinese scritta dal drammaturgo del XIII secolo Wang Shifu sulla base di un racconto risalente ad alcuni secoli prima.  Sun Jiayu ne ha curato l’adattamento dei testi per il fumetto, cambiando alcuni dei nomi dei personaggi. Il racconto che ne esce trasmette, in un riuscito caleidoscopio, sia la freschezza dei sentimenti dei due giovani innamorati, Chen il letterato sognatore e Ye Pian Pian la figlia del dignitario di provincia, sia quell’universo complesso che era (come è anche oggi) la società cinese, regolata da costumi, leggi, rapporti sociali e di forza, consuetudini culturali, tutti e tutte elaborati - e alieni e bizzarri ai nostri occhi (e alieni e bizzarri perché non nostri).
                       Guo Guo                                                                        Sun Jiayu                                      

Gli eventi narrati si situano in epoca Tang (618-907 d.C.) nella città di Pu Zhou, in una delle innumerevoli province della Cina. Pian Pian, bellissima figlia di un funzionario imperiale è ammirata da tutti i giovani della popolazione del luogo. Un’ammirazione che avviene da lontano, quasi l’ammirazione che si tributa a un essere favoloso, del mito. Ma anche un’ammirazione popolaresca e sanguigna. In occasione di una festività che deve celebrarsi al tempio locale, e alla quale è attesa la partecipazione di Pian Pian, giunge nella cittadina Chen. Il giovane sembra lasciarsi vivere, trascinarsi con apatia in seguito alla delusione patita a causa dell’amore per la figlia di un potente segretario imperiale, una ragazza poi rivelatasi in tutta la sua superficialità e crudeltà. Poiché da cosa sempre nasce cosa, l’incontro fortuito tra Chen e Pian Pian farà nascere l’amore tra i due giovani.
 Il fatale incontro è vicino...

In questa prima parte, e fino alle iniziali schermaglie d’amore tra i protagonisti, il lettore (occidentale) ha modo di entrare in quella dimensione aliena che è la Cina _ tanto più quella di un millennio abbondante fa. La storia descrive con semplicità questa Cina e le sue convenzioni, i rituali sociali, da quelli più spiccioli alle dinamiche di casta e politiche e al corteggiamento; tutto emerge con naturalezza, dalle parole quotidiane e dai gesti dei personaggi. Il disegno visualizza quanto il lettore viene leggendo; la ricca scenografia e il segno cesellato e prezioso creano un’atmosfera che sfuma il racconto storico nella fiaba d’amore e lo precipita poi nel dramma turbinante di emozioni. Perché naturalmente un dramma c’è, come è connaturato a ogni storia d’amore che si rispetti.

La bellissima Pian Pian, infatti, è prevedibilmente fidanzata sin dai primi anni della sua vita con il figlio di un alto burocrate imperiale, che vive lontano dalla cittadina della giovane. Il “Caso” vuole che il giovanotto in questione sia il fratello di quella Mingyan che ha spezzato il cuore di Chen ed è tanto bella quanto vana e malvagia. Tale sorella, tale fratello, è ovvio, e il promesso sposo di Pian Pian è un debosciato privo di ogni morale. Sin da queste premesse, il lettore occidentale si ritrova sotto i piedi un terreno più abituale. Riti, miti, convenzioni sono più simili, e riconoscibili come anche proprie. E così non manca nulla; alle difficoltà che già si presagiscono all’orizzonte per i due innamorati si somma l’irrompere sulla scena di una sorta di don Rodrigo: un generale, uno di quei tanti signorotti della guerra, giunge alla cittadina con l’intento di spadroneggiarvi, ma invaghitosi di Pian Pian minaccia il saccheggio se la ragazza non gli verrà data in sposa. La madre di Pian Pian la promette a chi la salverà dal predone. Siamo su un terreno a noi ancora più familiare: la principessa viene concessa al cavaliere che salverà la comunità dal drago (dall’orco, dal demonio…). Chen, seppure non con il brando ma con le risorse della sua intelligenza e risolutezza, salva principessa e castello.

E vissero felici contenti?

Non ancora. Qui scivoliamo di nuovo su un terreno per noi più infido. Almeno da Atalanta in poi (http://it.wikipedia.org/wiki/Atalanta_%28mitologia%29) la promessa di una principessa è debito. Ma non questa volta: passata la tempesta la signora mamma di Pian Pian rammenta il fidanzamento con il figlio del potente segretario imperiale. E poi Chen è di buona, anzi ottima famiglia, ma ha rinunciato alla carriera di mandarino per fare il letterato vagabondo. Insomma, mica è tanto affidabile, diamine.
Pian Pian

Lacrime, pettegolezzi più o meno velenosi sul depravato fidanzato di Pian Pian, su Chen e chissà cosa c’è stato tra lui e Mingyan. Segue, insomma, tutto l’armamentario che è d’uopo in questi casi.

Ma questo è un dramma, non una tragedia. Chen strappa la concessione di poter sposare la sua amata se si rimetterà sulla retta via, se cioè tornerà organico al sistema confuciano della burocrazia riuscendo primo agli esami per diventare funzionario imperiale. Dopo un’ulteriore serie di vicissitudini - perché come è ovvio Chen dopo il pieno successo agli esami si ammala sulla strada del ritorno suscitando dubbi e patemi in Pian Pian e nella signora madre - vissero effettivamente felici e contenti.
Una delle illustrazioni che intarsiano sontuosamente il racconto (Mingyan).

Come si vede, nell’apparente complessità, nella ricercata complicazione della trama, la storia è davvero molto semplice. Sentimenti grezzi, elementari, una storia d’amore classica. A fare la differenza è da un lato il vero e proprio splendore del disegno, che come scrivevo costruisce un perfetto scenario da fiaba e da melodramma insieme (e le fastose tavole illustrative che inframmezzano il racconto sembrano proprio trasportare il lettore su un palcoscenico). Disegno che permette alla recitazione dei personaggi di assumere concreto rilievo creando un contesto dove possono muoversi in modo realistico. Dall’altro lato vi è l’estrema attenzione con la quale Sun Jiayu ha saputo sottolineare i pudori e timori di Pian Pian e il suo coraggio e ardore; l’improntitudine della sua cameriera; i languori, dolori, ma anche la fierezza e la decisione di Chen; la sottigliezza e insieme la spudoratezza delle tare morali di Mingyan e suo fratello. Così come uguale cura è dedicata alle parti più descrittive del manhua, concorrendo a determinare l’atmosfera della storia, la sua trasognata semplicità scevra di frivolezza.

L’edizione italiana è stata pubblicata nel 2008 da ReNoir Comics.  
   

4 commenti:

  1. Direi che il piacere per questa lettura sia andata ben oltre le aspettative. ;-)

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  2. Il piacere visivo è davvero squisito, il disegno è incantevole. Sì, è la parola giusta: incantevole.

    V.

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  3. Ti dirò a mia volta appena recupero!

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